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Siamo tornati indietro di due anni e mezzo. Alzi la mano chi, al secondo gol divorato da Mario Pasalic, non ha rivisto i fantasmi di quella maledetta sera di fine agosto in quel di Copenaghen, quando il croato (in buona compagnia, allora) si mangiò un paio di reti, con la partita che terminò 0-0 e poi i danesi che ai rigori centrarono la qualificazione ai gironi di Europa League.

Questa volta non c’è stata la lotteria dei tiri dal dischetto, ma il punteggio è rimasto identico. Dal “Manuzzi” di Cesena, l’Atalanta porta via solo un punto nella sfida contro lo Spezia, salendo a quota 14 punti in classifica. Un pareggio che però non ha soddisfatto la maggioranza dei tifosi atalantini, convinti di fare un sol boccone delle Aquile. Vero, il rammarico c’è, ma non bisogna cedere alla tentazione di vedere solo “nero”. Perché, nonostante tutto, un po’ di azzurro c’è.

Innanzitutto, la classifica che è, aspettando gli impegni delle altre, ancora corta. Poi, le occasioni da rete create. Vero, l’Atalanta è ancora lontana parente di quella ammirata nelle prime tre giornate. Però non è neanche derelitta, perché una squadra derelitta non ti costruisce cinque limpide occasioni da gol e costringe il portiere avversario a diventare il migliore in campo. Per tacere della rete annullata (giustamente, la regola è questa, poche discussioni) a Gosens per quella spalla di Zapata in fuorigioco pizzicata dal VAR.

E poi lo scotto da pagare alle due grosse pietre a cui è legata la Dea 2020/2021: la mancata preparazione estiva che ancora sta riverberando tutte le sue conseguenze e gli impegni delle Nazionali che puntualmente consegnano a Gasperini alcuni calciatori solo alla vigilia della partita di ripresa. Tant’è vero che il tecnico ne ha saggiamente deciso di lasciarne a casa alcuni.

Quindi, questo punto così disprezzato potrebbe in un futuro prossimo diventare, chissà, benedetto. Anche perché vorremmo vedere Roma, Milan, Lazio e compagnia cantante in casa di questo Spezia che molti espertoni già vedevano in B alla vigilia del torneo e che invece darà filo da torcere a tutti, soprattutto ora che tornerà a casa sua, al “Picco”.

Poi, i singoli. Romero sempre di più leader difensivo di una squadra che in campionato negli ultimi 270 minuti ha subito solo 2 reti (una situazione del genere non accadeva dalla 29a alla 31a giornata dello scorso campionato, 0 reti al passivo con Napoli, Cagliari e Sampdoria). Pessina può essere più di Pasalic un’alternativa a Freuler in mediana, sperando che a gennaio la società riesca finalmente a trovare un centrocampista di ruolo.

Allora, non è che vada tutto così male. Però, ovviamente, non va tutto così bene. Sul banco degli imputati sale, purtroppo, ancora una volta Gasperini e la sua incomprensibile gestione dei cambi. Primo tempo, si fa male Depaoli (che, tra l’altro, non stava facendo male). Hateboer è a Zingonia, Piccini sarebbe il suo sostituto naturale. Peccato che lo sappiano anche i sassi della Val d’Aosta che l’ex Valencia è al rientro, non può avere tanto minutaggio nelle gambe e, soprattutto, non si è mai allenato in questi giorni con i tre titolari dell’attacco. Ergo, non sarebbe stato più saggio inserire Sutalo che già si era ben disimpegnato in quel ruolo a Crotone?

Come prevedibile, infatti, Piccini si è trovato ad essere un pesce fuor d’acqua e a metà secondo tempo era cotto. E poi, con un Ilicic che è apparso in crescita ma che nel secondo tempo è crollato fisicamente, non tenendo su un pallone, perché solo 8 minuti a Miranchuk? Il russo può rappresentare un valore aggiunto per quest’Atalanta, ma non può fare miracoli in un minutaggio così esiguo.

Vero, nel calcio esiste la riconoscenza e nessuno toglierà mai i meriti di tutto a Gasperini. Però la riconoscenza non fa punti in classifica. E il primo a saperlo è proprio il tecnico piemontese.

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