Ajax – Atalanta 0-1, l’editoriale – Più forti di chi ci vuole morti. Ma adesso…

Come vi sentivate a scuola quando dovevate “per forza” studiare qualcosa che non vi piaceva? Certo, non bene. Quindi diventiamo empatici e ci immedesimiamo in operatori dell’informazione che devono “per forza” parlare dell’Atalanta, togliendo spazio destinato per “diritto divino” alle “solite” tre. Immaginiamo le loro riunioni di redazione: “che balle, ancora questi tra i piedi? Ma non possiamo far nulla per destabilizzarli un po’“?

Ecco spiegati quindi gli audio che sono circolati in questi giorni, Gasperini pronto alle dimissioni post Ajax (notizia quest’ultima data da chi nel 2018 dava già il tecnico di Grugliasco e il Papu alla Lazio, con Pippo Inzaghi a Bergamo. Ma, d’altronde, parliamo di una realtà comunicativa che sull’Atalanta è attendibile quanto Rocco Siffredi per un Conclave.), Gomez già in viaggio per Abu Dhabi a gennaio. Tutto materiale “casualmente” messo in pasto all’opinione pubblica alla vigilia della decisiva sfida in casa dell’Ajax.

Ci dispiace (ah, è ironia, ovviamente) per loro, ma almeno fino a marzo l’Atalanta sarà ancora tra i loro piedi in Champions League. La vittoria per 1-0 di ieri all’Amsterdam Arena, firmata da un guizzo di Muriel, spalanca alla Dea per il secondo anno di fila il proscenio delle migliori 16 squadre europee. Un risultato che, da solo, potrebbe valere una stagione.

L’Atalanta ha ripetuto in Olanda la stessa partita che ha sapientemente sciorinato due settimane prima ad Anfield Road. Squadra corta, che in difesa ha concesso solo un’occasione capitata sui piedi di Klaassen sulla quale Gollini è stato superlativo. Centrocampo che con De Roon e Freuler ha letteralmente surclassato il reparto avversario, attacco con un Pessina nuovamente trequartista e nuovamente imprescindibile (così come Romero) nell’undici titolare e con Zapata e Gomez a fare tanto lavoro oscuro (preziosissimo il Papu nel provocare l’espulsione di Gravenbarch) e con Muriel tornato a essere il subentrante più letale del calcio europeo.

Intendiamoci, nessuno qui ha le fette di salame sugli occhi. Per quanto ieri Percassi jr abbia cercato di fare spallucce, la sensazione di maretta tra Gasperini e qualche componente rilevante della squadra (Gomez in primis) è ancora presente. Però è una sensazione di maretta “positiva”.

Ci sono attriti tra le componenti, ok, ma si percepisce che nessuna delle parti in causa sia così masochista da anteporre il proprio “ego” a quello che è il bene comune supremo: l’Atalanta Bergamasca Calcio. E la storia dello sport più popolare del mondo è piena di episodi simili. Van Basten e Sacchi, tanto per fare un esempio, si mal sopportavano reciprocamente. E neanche il rapporto tra il compianto Maradona con Ottavio Bianchi è stato idilliaco, anzi.

Eppure, tutti questi personaggi testé citati hanno fatto le fortune delle loro squadre, nonostante non siano stati amici tra di loro. Quindi, non è automatico che i dissidi nello spogliatoio portano a un disastro sportivo. Potrebbe essere una condizione necessaria, ma non assolutamente sufficiente.

Vedremo quindi l’evolversi degli eventi, a cominciare da domenica con la Fiorentina. C’è bisogno di cambiare marcia anche in campionato e consolidare, per non saper né leggere né scrivere, come prima base (e lo diciamo senza paura di passare per troppo umili) i 40 punti in classifica. Prima il fieno in cascina. Poi, si parlerà, eventualmente, d’altro.




Spezia-Atalanta 0-0: Non va tutto bene, non va tutto male

Siamo tornati indietro di due anni e mezzo. Alzi la mano chi, al secondo gol divorato da Mario Pasalic, non ha rivisto i fantasmi di quella maledetta sera di fine agosto in quel di Copenaghen, quando il croato (in buona compagnia, allora) si mangiò un paio di reti, con la partita che terminò 0-0 e poi i danesi che ai rigori centrarono la qualificazione ai gironi di Europa League.

Questa volta non c’è stata la lotteria dei tiri dal dischetto, ma il punteggio è rimasto identico. Dal “Manuzzi” di Cesena, l’Atalanta porta via solo un punto nella sfida contro lo Spezia, salendo a quota 14 punti in classifica. Un pareggio che però non ha soddisfatto la maggioranza dei tifosi atalantini, convinti di fare un sol boccone delle Aquile. Vero, il rammarico c’è, ma non bisogna cedere alla tentazione di vedere solo “nero”. Perché, nonostante tutto, un po’ di azzurro c’è.

Innanzitutto, la classifica che è, aspettando gli impegni delle altre, ancora corta. Poi, le occasioni da rete create. Vero, l’Atalanta è ancora lontana parente di quella ammirata nelle prime tre giornate. Però non è neanche derelitta, perché una squadra derelitta non ti costruisce cinque limpide occasioni da gol e costringe il portiere avversario a diventare il migliore in campo. Per tacere della rete annullata (giustamente, la regola è questa, poche discussioni) a Gosens per quella spalla di Zapata in fuorigioco pizzicata dal VAR.

E poi lo scotto da pagare alle due grosse pietre a cui è legata la Dea 2020/2021: la mancata preparazione estiva che ancora sta riverberando tutte le sue conseguenze e gli impegni delle Nazionali che puntualmente consegnano a Gasperini alcuni calciatori solo alla vigilia della partita di ripresa. Tant’è vero che il tecnico ne ha saggiamente deciso di lasciarne a casa alcuni.

Quindi, questo punto così disprezzato potrebbe in un futuro prossimo diventare, chissà, benedetto. Anche perché vorremmo vedere Roma, Milan, Lazio e compagnia cantante in casa di questo Spezia che molti espertoni già vedevano in B alla vigilia del torneo e che invece darà filo da torcere a tutti, soprattutto ora che tornerà a casa sua, al “Picco”.

Poi, i singoli. Romero sempre di più leader difensivo di una squadra che in campionato negli ultimi 270 minuti ha subito solo 2 reti (una situazione del genere non accadeva dalla 29a alla 31a giornata dello scorso campionato, 0 reti al passivo con Napoli, Cagliari e Sampdoria). Pessina può essere più di Pasalic un’alternativa a Freuler in mediana, sperando che a gennaio la società riesca finalmente a trovare un centrocampista di ruolo.

Allora, non è che vada tutto così male. Però, ovviamente, non va tutto così bene. Sul banco degli imputati sale, purtroppo, ancora una volta Gasperini e la sua incomprensibile gestione dei cambi. Primo tempo, si fa male Depaoli (che, tra l’altro, non stava facendo male). Hateboer è a Zingonia, Piccini sarebbe il suo sostituto naturale. Peccato che lo sappiano anche i sassi della Val d’Aosta che l’ex Valencia è al rientro, non può avere tanto minutaggio nelle gambe e, soprattutto, non si è mai allenato in questi giorni con i tre titolari dell’attacco. Ergo, non sarebbe stato più saggio inserire Sutalo che già si era ben disimpegnato in quel ruolo a Crotone?

Come prevedibile, infatti, Piccini si è trovato ad essere un pesce fuor d’acqua e a metà secondo tempo era cotto. E poi, con un Ilicic che è apparso in crescita ma che nel secondo tempo è crollato fisicamente, non tenendo su un pallone, perché solo 8 minuti a Miranchuk? Il russo può rappresentare un valore aggiunto per quest’Atalanta, ma non può fare miracoli in un minutaggio così esiguo.

Vero, nel calcio esiste la riconoscenza e nessuno toglierà mai i meriti di tutto a Gasperini. Però la riconoscenza non fa punti in classifica. E il primo a saperlo è proprio il tecnico piemontese.




Atalanta-Liverpool 0-5, l’editoriale – Messi a nudo i limiti di Gasperini e della società

La vita è semplice e il calcio, che della vita è espressione, ancor di più. Quando sei bravo ma hai dei limiti e, in maniera testarda e ottusa non fai nulla per porre rimedio a tali limiti, prima o poi incontrerai chi è decisamente più bravo di te e ti metterà a nudo tutte le tue manchevolezze.

Questo il riassunto di Atalanta-Liverpool, gara terminata con il netto successo dei Reds per 5-0. Inglesi di un’altro pianeta, d’accordo. Ma la squadra di Klopp ha avuto il merito di enfatizzare tutti i difetti dei due pilastri basilari della squadra: Gasperini e la società.

Il tecnico di Grugliasco è e resterà leggenda nerazzurra, ma purtroppo perdura nel difetto di non volersi snaturare. Risultato? Se concedi l’uno contro uno a Diogo, Salah e Mané ne prendi 5 e bisogna solo ringraziare Sportiello affinché l’imbarcata non sia stata ancora più pesante. Così come ne hai prese 5 lo scorso anno a Manchester col City perché hai voluto concedere l’uno contro uno a Sterling.

Nulla da fare, Gasperini è più testardo di un mulo da questo punto di vista. Eppure dovrebbe essersi reso conto che la squadra sta soffrendo sia fisicamente che psicologicamente il fatto di dover giocare ogni tre giorni. Dovrebbe essersi reso conto che mancavano De Roon, Gosens e Romero e Toloi e Hateboer erano a mezzo servizio. Dovrebbe essersi reso conto che certi rincalzi ora come ora sono improponibili.

E allora perché non ricorrere a un po’ di sana umiltà, coprendosi con una difesa a 4 e un centrocampo a 3, rinunciando una volta tanto all’uno contro uno dietro e alle fasce? Quesito che rimarrà purtroppo inevaso.

Speriamo che non rimangano inevasi i quesiti che vogliamo porre ad Antonio e Luca Percassi e al ds Giovanni Sartori. Perché si è deliberatamente deciso di indebolire l’Atalanta in ruoli chiave come quelli degli esterni? Passi per la cessione di Castagne, ma non prendere almeno un esterno pronto come Florenzi e Lazovic è stato da veri e propri Tafazzi.

E poi, possibile che nel mare magnum dei calciatori, non si riesca a trovare un centrocampista di ruolo che possa adeguatamente dare un turno di riposo a De Roon e Freuler? E poi si getta la croce a Pasalic (che, per carità, ieri ha dormito come tutta la squadra), ma il croato sono oramai due anni che gioca fuori ruolo. Per intenderci, se Pirlo avesse giocato due anni in un centrocampo a due, non sarebbe diventato l’Andrea Pirlo che conosciamo.

Gasperini e la società hanno limiti che diventano evidenti quando si incontrano squadre di rango, dunque. Il tecnico dice sempre che l’Atalanta “o vince o impara“. Beh, non ci sembra che la squadra abbia imparato dal 5-1 subito a Manchester. Toccherà ripetere la lezione. Magari sapendo che dopo il 3, in difesa, può venire il 4.

Articolo a cura di Giuseppe Pucciarelli




Qualcosa di più di un vice Ilicic, ecco chi è Aleksey Miranchuk

L’Atalanta batte il suo primo colpo in questa anomala sessione estiva di calciomercato 2020. Approda a Zingonia dalla Lokomotiv Mosca, Aleksey Miranchuk, trequartista russo classe 1995.

Nato a Slavjansk-na-Kubani, cittadina russa che sorge sulle sponde del fiume Protoka il 17 ottobre 1995, Miranchuk assieme al gemello Anton approda a Mosca nel 2011, per iniziare la trafila delle giovanili con lo Spartak. Ma la loro esperienza con gli Spartachi dura poco, dato che a fine anno passano al Lokomotiv Mosca. E la squadra dei Ferrovieri diventa la loro seconda famiglia.

Dopo poche apparizioni con la seconda squadra, passa subito nella prima. Il suo esordio nel campionato russo è datato 20 aprile 2013, Kuban Krasnodar – Lokomotiv Mosca 0-0. La prima di 228 partite con la maglia dei ferrovieri di Mosca, così suddivise: 178 in campionato con 32 reti e 30 assist; 19 in Coppa di Russia con 5 reti e 5 assist; 5 in Supercoppa di Russia con 2 reti; 16 in Europa League con 2 reti e 8 assist; 10 in Champions League con 2 reti realizzate alla Juventus nella fase a gironi del torneo appena concluso. Contribuendo a vincere il campionato nel 2017/2018, due Coppe di Russia nel 2016/2017 e nel 2018/2019 e la Supercoppa di Russia nel 2019/2020. Miranchuk vanta 25 presenze e 5 reti con la Nazionale russa.

Dal punto di vista tattico, Miranchuk è un trequartista di piede naturale destro che, molto semplicemente, segna e fa segnare. Può però destreggiarsi tranquillamente sull’esterno di un tridente offensivo. Quindi, casomai Gasperini decidesse di optare per un 4-2-3-1 in corso (o magari anche inizialmente) d’opera, il russo può giocare sia sulla sinistra a piede invertito che sulla destra dei tre dietro Zapata.

Insomma, considerato che attualmente (spiace dirlo, ma è la verità) Ilicic è inaffidabile, Miranchuk rappresenta molto di più di un semplice vice dello sloveno. Per tecnica, senso della posizione e del gol, duttilità tattica ed esperienza internazionale, il russo potrebbe essere un vero e proprio intoccabile dell’undici di Gasperini.

Articolo a cura di Giuseppe Pucciarelli




Contro un PSG alla Hamilton, occorrerà un’Atalanta alla Verstappen

Ore 21 di mercoledì 12 agosto 2020, Lisbona, stadio “Da Luz“, Atalanta-PSG, gara valevole per i quarti di finale di Champions League 2019/2020.

Basta solo questo capoverso testé scritto per capire l’emozione che un tifoso atalantino potrà provare. Benché i soliti italioti medi pensino il contrario (e pensino pure quello che vogliono, di gentucola come loro ne facciamo volentieri a meno nelle nostre vite), il sostenitore della Dea tutto è tranne che un montato di testa e se un giorno dovesse capitare che l’obiettivo principale tornerà a essere la permanenza in Serie A, non si farà problemi nel sostenere la squadra per questo.

Questo perché il tifoso atalantino sa benissimo che la formazione di Gasperini ha già raggiunto e superato quello che era il massimo obiettivo in questa Champions: ossia provare a passare la fase a gironi. Ebbene, la fase a gironi non solo è stata superata ma è stato superato anche un turno a eliminazione diretta, l’ottavo contro il Valencia. Quindi, obiettivo non solo raggiunto ma si è fatto molto di più.

Ora arriva il PSG. Inutile girarci attorno, nonostante le assenze di VerrattiDi Maria e (forse) Mbappé, i francesi restano favoriti. Ed è normale che sia così. Basti pensare al solo Neymar, che guadagna solo lui più di tutta la rosa di Gasperini messa assieme.

Anzi, è molto probabile che il PSG premerà il pedale dell’acceleratore sin dall’inizio, conoscendo le magagne nerazzurre nel primo quarto d’ora di gara. In maniera da mettere in ghiaccio la sfida e risparmiare preziose energie per il prosieguo della manifestazione.

Insomma, la squadra di Tuchel vorrà comportarsi come Lewis Hamilton nei primi giri di un Gran Premio, dato che l’inglese è abituato a stroncare la concorrenza a suon di tornate veloci fin dall’inizio.

E allora l’Atalanta dovrà fare il Max Verstappen della situazione. Ossia reggere l’onda d’urto nei primi minuti (così come fa l’olandese della Red Bull durante i primi giri) per poi provare a verificare se dovessero essere cedimenti nei francesi.

In soldoni, il PSG rimane favoritissimo e se le cose dovessero andare secondo logica, l’avventura dell’Atalanta (che è stata, è e rimarrà splendida) in Champions League dovrebbe terminare alle 23 di stasera. Però se le gomme del PSG-Hamilton dovessero cedere come accaduto domenica a Silverstone…sarebbe un peccato non fare il Verstappen della situazione e non approfittarne.

Articolo a cura di Giuseppe Pucciarelli




Milan-Atalanta 1-1 – Dea e Diavolo, chi ha fermato chi?

Si tratta di uno dei processi più conosciuti nell’ambito della fisica della particelle: l’annichilazione. Avviene quando una particella subatomica incontra la sua antiparticella. L’esempio classico è quello dello scontro tra l’elettrone e la sua antiparticella, il positrone. Una collisione dalla quale scaturiscono due fotoni gamma, ossia due particelle dall’alto contenuto energetico.

Ebbene, la sfida tra Milan e Atalanta di ieri sera ha ricordato un po’ il processo fisico dell’annichilazione. Dallo scontro tra le due squadre più in forma in questo periodo atipico di campionato, ne è scaturito un pareggio che rafforza il “contenuto energetico” di entrambe le formazioni.

La partita è stata pressoché equilibrata. Una rete per parte, una clamorosa occasione per parte (il rigore sbagliato da Malinovskyi per i nerazzurri e il palo colpito dall’ex Bonaventura per i rossoneri) e nessuna squadra che abbia nettamente dominato l’una sull’altra.

Da qui, l’accrescimento di consapevolezza per entrambe. Per il Milan è completato con un percorso quasi netto il periodo di incontri con le “grandi” del campionato 2019-2020, per l’Atalanta la dimostrazione (dopo la vittoria con il Bologna) di riuscire a prendere punti su campi difficili e contro avversari in condizione, nonostante la squadra sia in calo naturale di forma atletica e, soprattutto, conviva col rischio di appagamento avendo già raggiunto l’obiettivo della qualificazione alla prossima Champions League (a netto del pluricitato caso di Roma e Napoli vincenti in EL e in Champions il prossimo agosto).

Ma anche una partita che lascia un quesito. Chi ha fermato chi? Il Milan ha fermato l’Atalanta che vincendo si sarebbe portata a -3 dalla Juventus o è stata la Dea a stoppare la corsa del Diavolo verso quel quinto posto che significherebbe Europa League diretta? Un quesito curioso, destinato probabilmente a non aver risposta.

Ora per la compagine di Gasperini vi sono le ultime due fatiche. Con Parma e Inter, la Dea si giocherà un secondo posto in campionato che profuma di storia solo a scriverlo (ma attenzione, lo diciamo subito, guai a rimanere delusi nel caso non arrivasse questo piazzamento, eh) ma, soprattutto, affinerà la preparazione in vista della Final-8 di Champions League a Lisbona. Il 12 agosto e il PSG sono sempre più vicini…

Articolo a cura di Giuseppe Pucciarelli




Atalanta-Bologna 1-0 – Dea, record e acciacchi

I record sono tali perché hanno una caratteristica: quella di poter essere battuti. E la vittoria di ieri dell’Atalanta sul Bologna per 1-0 ha fatto sì che tre primati in salsa nerazzurra sono stati frantumati. In primis, il record dei punti. Sembrava difficilissimo superare i 72 punti stabiliti dalla prima Atalanta di Gasperini nel 2016/2017, invece la Dea in salsa 2019/2020 ci ha messo addirittura tre partite in meno rispetto alla scadenza naturale del campionato per giungere già a quota 74.

Poi, il record di imbattibilità in Serie A, 15 risultati utili di fila nel massimo campionato (quello assoluto è formato dai 24 risultati utili dell’Atalanta di Mandorlini in Serie B nel 2003/2004). E ancora il record di vittorie in Serie A, 22. Infine, un primato personale. Ossia, quello stabilito da Luis Muriel. Con il gol da 3 punti di ieri, il colombiano sigla la 18/a rete personale e soprattutto l’11/a partendo della panchina. Un primato singolare a livello italiano, quasi sfiorato a livello europeo (meglio di lui ancora lo spagnolo Alcacer, 12 gol partendo dalla panchina nel 2018/2019).

Insomma, una vittoria che porta con sé diversi record. Ma fa capire anche un’altra cosa. Ossia, il pensiero inconscio del PSG è ben radicato nei calciatori dell’Atalanta. Il primo tempo della sfida con i felsinei ha seguito la stessa riga di quello del “Bentegodi” sabato. Gli avversari si sono fatti preferire nei primi 45 minuti, con l’Atalanta che ha lasciato fare per poi sfruttare il tasso tecnico a propria disposizione (eh, già, nessuno può permettersi un Muriel e un Malinovskyi in panchina, tra le migliori compagine del lotto) e l’inevitabile calo fisico degli avversari per portare a casa la partita.

Però sulle seconde palle e sul ritmo dell’intensità, non è stata la solita Atalanta. Ed è normale che sia così. Il gruppo di Gasperini ha sudato e ha lottato per tutto il campionato e per tutta l’edizione della Champions League, raggiungendo traguardi impensabili ai più. E ogni calciatore merita di giocarsi la famosa partita del 12 agosto.

Anche perché, giocando ogni tre giorni e con il caldo che comincia a imperversare, il rischio di acciacchi seri è dietro l’angolo. Per informazioni, chiedere a Djimsiti, Palomino e Zapata, che hanno preso botte da valutare. Ergo, non chiediamo la luna a questi ragazzi in queste ultime tre partite. L’obiettivo, ora, è arrivare integri al 2 agosto